IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Letti  gli  atti  del  procedimento  penale n. 98/000612 r.g.g.i.p.
 pendente nei confronti di:
     1)  Basaglia  Paolo  nato  il  1  marzo  1948  a  Pordenone,  ivi
 residente, via Vallona n. 55;
     2)  Caroli  Giuseppe  nato il 1 febbraio 1950 a Spello (Perugia),
 residente a Oderzo (Treviso), via  Don L. Monza  n.  12/01,  imputati
 del reato di cui all'art. 8, comma 1, lett. a) in relazione all' art.
 2, comma 1, lett. d) d.lgs. 14 agosto 1996 n. 493;
   Esaminata  la  richiesta  di  condanna  per  decreto  formulata dal
 pubblico ministero dott. Lombardi Giuseppe e qui pervenuta in data  4
 febbraio 1998;
    Premesso in fatto che la notizia di reato in esame trovava origine
 nella  segnalazione inviata dal tribunale per i Diritti del malato di
 Udine, a seguito della quale  il  Servizio  prevenzione  e  sicurezza
 degli ambienti di lavoro del Dipartimento di prevenzione della A.S.S.
 n.  4  "Medio  Friuli", coadiuvata dal N.A.S. di Udine, dava corso ad
 un'ispezione  presso  la   Divisione   di   cardiochirurgia-chirurgia
 toracica  del locale ospedale civile, conclusasi con la redazione del
 verbale di accertamenti dd. 29  gennaio  1996,  all'esito  del  quale
 venivano  emanate  in data 30 novembre 1996 una serie di prescrizioni
 in materia di sicurezza ed igiene del lavoro;
   Premesso altresi' che essendosi accertato in data  12  marzo  e  27
 agosto  1997  l'integrale  adempimento delle prescrizioni emesse e la
 rimozione delle conseguenze dei reati  nei  termini  prefissati,  gli
 U.P.G. dello S.P.S.A.L. ammettevano i contravventori, individuati nel
 direttore   generale   e   nel   direttore   sanitario   dell'azienda
 ospedaliera,  all'oblazione  amministrativa,  cui   il   secondo,   a
 differenza  del  primo,  dava corso, sicche' in data 18 febbraio 1998
 veniva  emesso  in  parte  qua  decreto  di  archiviazione  nei  suoi
 confronti ai sensi dell'art.  24, comma 1, d.lgs. n. 758/1994;
   Premesso,  infine,  che  residua  nei  confronti  di  entrambi  gli
 imputati l'esame del reato  rubricato  (in  particolar  modo  per  il
 Basaglia  unitamente  a molti altri per i quali si e' emesso separato
 decreto  penale  di  condanna)  per  avere  questi,  quale  direttore
 generale  pro-tempore, e il Caroli nella veste di direttore sanitario
 dell'azienda ospedaliera "Santa Maria della Misericordia", violato la
 norma dell'art. 2, comma 1, lett. d) d.lgs. n. 493/1996 in quanto  la
 via  di  fuga  e  l'uscita  di emergenza non risultavano indicate con
 apposita segnaletica;
                             O s s e r v a
   Sussistono astrattamente nella fattispecie  sopposta  all'esame  di
 questo ufficio tutti i presupposti per l'emissione del decreto penale
 di  condanna  nei  confronti  dei  contravventori su indicati, attesa
 l'evidenza  della  prova  alla  luce   degli   accertamenti   svolti,
 l'imputabilita'  soggettiva  dell'omissione  ad  entrambi  i soggetti
 sulla base del riparto di competenze all'interno delle aziende per  i
 servizi  sanitari  delineato  dalla  legge  regionale  Friuli-Venezia
 Giulia  30  agosto 1994, n. 12, la procedibilita' d'ufficio dei reati
 nonche' l'irrogabilita' della  sola  pena  pecuniaria,  prevista  dal
 legislatore in alternativa alla pena detentiva, e nel caso certamente
 congrua e sufficiente.
   Si  intende,  tuttavia,  preliminarmente  sottoporre d'ufficio alla
 valutazione della ecc.ma corte l'attuale quadro  normativo  che  tale
 decisione,  allo  stato,  impone:  il d.lgs. 19 dicembre 1994 n. 758,
 negli artt. 20  segg.,  ha  infatti  introdotto  e  generalizzato  un
 sistema  di  estinzione  delle contravvenzioni in materia di igiene e
 sicurezza del lavoro,  rappresentato  dall'oramai  noto  e  praticato
 meccanismo  della  obbligatoria  prescrizione  emanata dall'organo di
 vigilanza, seguito, in ipotesi di ottemperanza,  dall'ammissione  del
 contravventore  al  pagamento di una somma predeterminata a titolo di
 oblazione   amministrativa,   cui   consegue   l'archiviazione    del
 procedimento per estinzione dell'illecito.
   Tale  importante  sistema  e'  stato  esteso  dal  legislatore alle
 "contravvenzioni" (art. 19, comma 1, lett. a) d.lgs. 758 cit.), quali
 specificamente indicate nell'allegato  l,  il  quale,  a  sua  volta,
 originariamente  ricomprendeva  tutte le figure di reato del settore,
 vigenti alla data di emanazione del decreto.
   Per unanime interpretazione, trattasi di elenco di tipo  tassativo,
 avente il pregio di facilitare l'interpretazione e l'applicazione del
 nuovo  istituto,  ma  richiedente un continuo sforzo di attenzione da
 parte del legislatore per aggiornare la lista,  integrandola  con  le
 contravvenzioni  di  nuova  introduzione  e creazione: il legislatore
 stesso ha confermato la lettura della tassativita'  dell'elencazione,
 estendendo   esplicitamente   l'istituto  pure  alle  contravvenzioni
 successivamente  previste  dal  d.lgs.  25  novembre  1996,  n.  624,
 contenente  norme in tema di sicurezza dei lavoratori nelle industrie
 estrattive per  trivellazione  nelle  industrie  estrattive  a  cielo
 aperto o sotterranee (art. 107); nonche' dal d.lgs. 14 agosto 1996 n.
 494 in materia di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili (art. 12
 d.-l. 25 marzo 1997, n.  67, convertito con modifiche, nella legge 23
 maggio  1997,  n.  135), inizialmente non previste ne' prevedibili in
 quanto inesistenti.
   Evidenti  appaiono,  pertanto,  i   problemi   di   disparita'   di
 trattamento  che si pongono in relazione a tutte le nuove fattispecie
 contravvenzionali per le quali estensione della prescrizione  non  vi
 sia  stata: cio' che si verifica nel caso di specie, non rinvenendosi
 nell'ordinamento alcuna norma che consenta la definizione  dei  nuovi
 reati  previsti  dal  d.lgs.  n.  493/1996  a mezzo del sistema della
 prescrizione.
   Tale lacuna pare ancor piu'  rimarchevole  ove  si  valuti  che  lo
 stesso  legislatore  ne ha fatto il metodo necessario e generalizzato
 di definizione delle controversie penali in materia, pure futuribili,
 con la successiva ricomprensione  in  esso  dei  reati  previsti  dai
 d.lgs.  nn.  494/1996  e  624/1996,  con cio' evidenziando la precisa
 volonta' di consentire a tutti i contravventori alle norme in materia
 di sicurezza di giovarsene, nel dichiarato  intento  di  favorire  un
 pronto  recupero delle situazioni di legalita' all'interno dei luoghi
 lavorativi, a tutela di  beni  primari  di  rango  costituzionale,  a
 preferenza di un approccio meramente repressivo e sanzionatorio; cio'
 che   trova  ulteriore  rafforzamento  nella  obbligatorieta'  e  non
 discrezionalita' dell'adozione della prescrizione.
   L'omessa estensione dell'istituto della prescrizione ai nuovi reati
 attinenti  la violazione della segnaletica di sicurezza e/o di salute
 presso i  luoghi  di  lavoro  appare  ancor  piu'  incongrua  ove  si
 consideri  che  esso  era  operativo  per  l'analoga  contravvenzione
 contemplata dall'art. 7, d.P.R. 8  giugno  1982,  n.  524,  regolante
 precedentemente  la  materia della segnaletica di sicurezza sul posto
 di lavoro, apputo abrogata dall'art. 7, comma 1, d.lgs. n. 493 cit. e
 sostituita dalle previsioni sanzionatorie  di  cui  all'art.  8  piu'
 volte  menzionato  (cfr.  art.  19,  comma  1,  lett. a) in relazione
 all'allegato 1, punto 20, d.lgs. n. 758/1994).
   Tale  sistema  definitorio  e'  altresi'  operativo  in   relazione
 all'omessa   apposizione   delle   indicazioni   obbligatorie  per  i
 recipienti contenenti  prodotti  o  materie  pericolose,  secondo  la
 disciplina  introdotta proprio dall'art. 6, d.lgs. n. 493/1996 che ha
 riformulato l'art. 355, d.P.R.  27 aprile 1955, n. 547, sottoponibile
 a prescrizione ai sensi degli artt. 389,  lett.  c),  d.P.R.  n.  547
 cit.,  19,  comma  1,  lett.  a)  e  allegato  I,  punto 4, d.lgs. n.
 758/1994; nonche' a favore di una serie di norme  variamente  ponenti
 obblighi  di segnalazione visiva di situazioni o zone di pericolo, in
 modo del tutto analogo a quanto prescritto dall'art. 2, d.lgs. n. 493
 (ad esempio l'art. 41, comma 2, in relazione all'art. 50,  lett.  b),
 d.lgs.  15  agosto  1991,  n.   277 sull'obbligo di segnalare a mezzo
 cartellonistica le zone lavorative ove si raggunga un dato livello di
 esposizione al rumore; o l'art.  8, comma 8,  in  relazione  all'art.
 389,  lett.  c),  d.P.R. n. 547/1955 - come riformulato dall'art. 33,
 comma 3, d.lgs. n. 626/1994 - sulla necessita' di segnalare  le  zone
 di  pericolo  presenti  negli  ambienti di lavoro in modo chiaramente
 visibile; l'art. 13, comma 10, punito dall'art. 389, comma c), d.P.R.
 n. 547, cit. - quale modificato dall'art.  33, comma 1, d.lgs. n. 626
 cit. - che impone l'evidenziazione delle vie d'uscita e d'emergenza a
 mezzo di apposita segnaletica, durevole ed idoneamente collocata).
   In  tutte  le  situazioni  da  ultimo  indicate,  pacifica  risulta
 l'estinguibilita'   delle   fattispecie   contravvenzionali   in  via
 amministrativa,  attesa  la  ricomprensione  delle  sanzioni   penali
 nell'elenco previsto dall'allegato 1, al decreto n. 758/1994. Accade,
 pertanto,  che  il  datore  di  lavoro che si sia visto contestare il
 reato di cui agli artt. 2, comma 1, lett. d) e 8, comma 1, lett.  a),
 d.lgs.  n. 493/1996, non avendo segnalato le uscite di sicurezza, non
 puo' ottenere l'estinzione del reato conseguente all'ottemperanza  al
 precetto in precedenza omesso, mentre il medesimo soggetto, che violi
 l'obbligo  di  segnalare le vie e le uscite di emergenza, quand'anche
 le stesse non si identifichino con le prime, puo' definire l'illecito
 con l'adempimento della prescrizione.
   Non pare, invero, ravvisabile  una  razionale  giustificazione  del
 diverso  regime,  quand'anche  voluto,  anziche'  riconducibile ad un
 difettoso coordinamento degli interventi legislativi; in  particolare
 il  trattamento  differenziato non risulta giustificato dalla maggior
 gravita' dei reati che all'art. 8, d.lgs. n.  493  fanno  riferimento
 quando  si  consideri che risultano prescrivibili fattispecie di pari
 (es. art. 89,  commi  1  e  2,  lett.  a),  d.lgs.  n.  626/1994)  o,
 addirittura,  di  maggior  pericolosita' (es. art. 50, comma 1, lett.
 a), d.lgs.  n. 277/1991), ove si faccia riferimento sia  al  criterio
 della  pena  edittale  sia alla natura degli interessi tutelati dalla
 norma, come appunto avviene per tutta la  disciplina  di  prevenzione
 delle ipoacusie di origine professionale.
   In  definitiva,  non  e' rinvenibile dalla scrivente alcuna ragione
 per cui il Basaglia e il Caroli, pur avendo provveduto ad  installare
 la cartellonistica mancante e, quindi, a rimuovere la contravvenzione
 (cfr.   annotazione   datata  15  ottobre  1997  degli  U.P.G.  dello
 S.P.S.A.L.), sia pur in ossequio ad una  prescrizione  impropriamente
 adottata,  non  si  vedano  riconosciuta la facolta' di estinguere il
 corrispondente reato  a  mezzo  dell'oblazione,  cosi'  definendo  il
 procedimento  in via amministrativa, potendo giovarsi dell'estinzione
 del reato in sede penale: la disparita' e' ancora piu' marcata ove si
 valuti che il Caroli ha  gia'  provveduto  all'esborso  di  circa  L.
 17.000.000  per  conseguire  tale  obiettivo,  cosi'  dimostrando  la
 concreta  volonta'  di  beneficiare  del  nuovo  sistema   misto   di
 estinzione dei reati in materia di sicurezza.
   Rispetto  ai parametri di cui agli artt. 3, comma 1, e 27, comma 3,
 Cost. si invoca pertanto il giudizio di  costituzionalita'  dell'art.
 8,  d.lgs.  14  agosto  1996  n.  493,  reputandosi  la  questione di
 legittimita' che si solleva d'ufficio non  manifestamente  infondata:
 sotto  il  primo  profilo, in considerazione dell'apparente manifesta
 irrazionalita' della scelta sanzionatoria  all'interno  del  comparto
 normativo del diritto della sicurezza, rappresentando il canone della
 ragionevolezza,  per  consolidata  giurisprudenza  costituzionale, un
 limite alla  discrezionalita'  propria  della  funzione  legislativa,
 sindacabile nelle manifestazioni di sviamento della funzione rispetto
 alle attribuzioni ad essa assegnate dall'ordinamento; in relazione al
 canone  posto  dall'art.  27, comma 3, Cost. poiche' la previsione di
 una  sanzione  penale   obbligatoriamente   applicabile   alle   sole
 contravvenzioni  in  materia di segnaletica nei luoghi di lavoro solo
 per la parte disciplinata dal d.lgs.  n.  493/1996,  pare  vanificare
 pure  il  fine  rieducativo imposto alla pena, evitabile dallo stesso
 contravventore aderendo alla prescrizione per ogni e qualsiasi  altra
 fattispecie  di  reato  del  settore,  e addirittura del microsettore
 della segnaletica di  sicurezza,  trattandosi  dell'unica  esclusione
 normativa sinora nota.
   Si  segnala  altresi'  il  possibile contrasto con l'art. 76, Cost.
 nascente dal mancato rispetto dei criteri direttivi cui era  ispirata
 la  delega,  esercitata  dal  Governo  con l'emanazione del d.lgs. n.
 758/1994,  autorizzato  dalla  legge  6  dicembre  1993  n.  499:  in
 particolare  l'incarico  delegato  al  Governo  in ordine ai reati in
 materia di tutela  della  sicurezza  e  dell'igiene  del  lavoro  gli
 attribuiva il compito di introdurre una causa di estinzione del reato
 connessa   all'adempimento   delle   prescrizioni   obbligatoriamente
 impartite, estesa a  tutte  "le  contravvenzioni  previste  da  leggi
 speciali" (art. 1, lett. b), punto 1), senza distinzione alcuna.
   Vero e' che il sistema di elencazione espressa prescelto in sede di
 esercizio  della  delega  risponde  a  criteri di maggior chiarezza e
 certezza del diritto: in tal modo, tuttavia, si e' aperta la strada a
 possibili, future esclusioni di contravvenzioni di  nuova  creazione,
 soprattutto  in  una  fase  di  frenetico  recepimento  di  direttive
 comunitarie  nel  settore  della  sicurezza,  che  pare  violare   la
 formulazione   letterale,   la  ratio  e  l'intento  del  legislatore
 delegante e che puo' essere corretta unicamente con la previsione, di
 volta in volta, dell'estensione della prescrizione ai nuovi reati.
   E'  appena  il  caso  di sottolineare, in punto rilevanza di fatto,
 l'essenzialita'   della   risoluzione   del   proposto   dubbio    di
 costituzionalita',   poiche'  il  pubblico  ministero  ha  esercitato
 l'azione penale proprio in relazione all'ipotesi  prevista  dall'art.
 8,   d.lgs.  n.  493/1994,  pur  potendosi  astrattamente  dar  corso
 all'ammissione  dei  contravventori  all'oblazione  amministrativa  a
 seguito  della  regolarizzazione della situazione: dipendono, quindi,
 dalla discussa legittimita' della  norma  che  va  ad  impugnarsi  le
 successive  scelte  procedimentali  di  competenza di questo ufficio,
 cioe' l'emissione del  decreto  penale  di  condanna  in  ipotesi  di
 rigetto  dell'incidente  di costituzionalita', ovvero la restituzione
 degli atti all'ufficio della procura richiedente, affinche' dia corso
 al completamento del procedimento della prescrizione con l'ammissione
 dei contravventori all'oblazione amministrativa da parte degli U.P.G.
 operanti, restando nelle more il procedimento penale sospeso ai sensi
 dell'art. 23, d.lgs. n. 758/1994.
   Visti gli artt. 23 e segg. legge 11 marzo 1953, n. 87.